PIERO RUGGERI
Un maestro dell'Informale
13 luglio - 22 settembre 2024
VIGONE
Ex Chiesa del Gesù
13 luglio - 8 settembre 2024
TORRE PELLICE
Galleria Scroppo
27 luglio - 22 settembre 2024
La Città di Vigone e il Comune di Torre Pellice, da sempre sensibili alla promozione dell’arte contemporanea, propongono con la mostra PIERO RUGGERI. Un maestro dell’Informale un progetto espositivo collettivo, nato dall’idea dei due sindaci Fabio Cerato (sindaco di Vigone) e Maurizia Allisio (sindaca di Torre Pellice).
La mostra si svilupperà su due sedi l’Ex Chiesa del Gesù a Vigone e la Civica Galleria Scroppo di Torre Pellice ed è curata da Francesco Poli e Luca Motto.
La mostra è realizzata in collaborazione con la Fondazione Piero Ruggeri, la Galleria Scroppo di Torre Pellice, e l’Associazione Amici della Biblioteca Luisia di Vigone.
La mostra PIERO RUGGERI. Un maestro dell’Informale verrà inaugurata a Vigone, sabato 13 luglio alle ore 17, mentre a Torre Pellice la giornata inaugurale sarà il 27 luglio alle ore 17.
VIGONE E TORRE PELLICE
Vigone, un comune di pianura con poco più di 5000 abitanti conosciuto da molto tempo come la patria del mais e dei cavalli che però negli ultimi anni, grazie al recupero e alla valorizzazione di importanti beni architettonici e al proliferarsi di diverse iniziative di grande qualità, è divenuto punto di riferimento per la cultura del territorio e in modo particolare per l’arte contemporanea. Agli Amici della Biblioteca Luisia, associazione vigonese attiva da oltre trent’anni, si deve la genesi di questa vocazione: illustri e celebri artisti quali Zorio, Gastini, Griffa, Maraniello, Mainolfi, Carol Rama e lo stesso Ruggeri nel 2001, per fare solo alcuni nomi, hanno esposto le loro opere negli spazi della Biblioteca storica e realizzato per i soci della stessa associazione pregiate incisioni che sono entrate così nelle case di un centinaio di persone, in gran parte vigonesi. Questa longeva esperienza ha sicuramente contribuito al successo del più recente progetto culturale Panchine d’Artista grazie al quale ogni anno, a partire dal 2011, viene affidata ad un artista di fama internazionale la realizzazione di una panchina scultorea che trova dimora negli spazi pubblici della
Città, contribuendo in questo modo alla creazione di un vero e proprio museo a cielo aperto, visitabile da chiunque e in qualunque momento. Arte intesa dunque come rigenerazione urbana, come aggregazione e come crescita sociale. Grazie a questa importante e prestigiosa iniziativa, passeggiando per Vigone oggi si possono ammirare le opere e accomodarsi sulle sedute di Garis, Valentini, Mainolfi, Cordero, Maraniello, Viale, Sasso, Bolla, Bersezio, Doria, Zorio-Toderi, Carrol e Coco Cano.
Torre Pellice, un comune pedemontano con poco meno di 5000 abitanti, culla del mondo valdese, possiede un’identità che è soprattutto culturale. Torre Pellice fin dal 1949 ospitò il visionario progetto delle Mostre d’arte ideato dall’artista e critico Filippo Scroppo. Quarantuno esposizioni annuali volte alla diffusione dell’arte contemporanea che perdurarono fino al 1991 e portarono nella provincia torinese le opere di noti artisti italiani come Casorati, Morandi, De Chirico, Sironi, Guttuso, Burri, Vedova, Pomodoro, Rotella, Schifano ma anche stranieri come Braque, Chagall, Picasso, Mirò, Giacometti, Jorn, Mathieu, Hartung, Wols, Rauschenberg, Kounellis. Scroppo non promosse solamente un progetto espositivo e culturale, ma raccolse – dalla fine degli anni Cinquanta fino alla sua morte, grazie alla generosità di artisti, collezionisti e galleristi – una collezione di opere d’arte di artisti torinesi e piemontesi che nel 1975 vennero donate al Comune di Torre per la costituzione di una Galleria stabile che ha visto la luce nel 1994 e ha incoraggiato ogni anno, fino ad oggi, delle vivaci stagioni espositive. Torre Pellice dal 1994 è anche la sede della Galleria Tucci Russo, un prestigioso spazio espositivo privato noto anche all’estero che grazie alla caparbietà di Antonio Tucci Russo ed Elisabetta Di Grazia ha permesso alla Val Pellice di ospitare i grandi nomi della scena artistica contemporanea come Anselmo, Cragg, Long, Merz, Paolini, Penone, Pirri, Schütte.
LA MOSTRA A VIGONE E TORRE PELLICE
La retrospettiva sviluppata sulle due sedi di Torre Pellice e Vigone, curata da Francesco Poli e Luca Motto è dedicata all’artista torinese Piero Ruggeri (1930-2009) noto in Italia e all’estero e figura di riferimento per la corrente dell’Informale sviluppatosi anche in Italia alla metà degli anni Cinquanta. La mostra comprende, per le due sedi, un totale di una trentina di opere che abbracciano un arco cronologico che si dipana dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Duemila.
Ruggeri ha avuto con Torre Pellice e Vigone un legame molto stretto.
L’artista, prima della sua carriera nazionale e internazionale esordisce proprio a Torre Pellice nel 1953 alla Mostra d’arte contemporanea, rassegna annuale realizzata da Filippo Scroppo e sarà presenza costante, ogni anno, fino al 1969. Nel 1960 partecipa insieme ad Aimone, Casorati, Chessa, Campagnoli, Tabusso, Saroni e Soffiantino all’estemporanea Autunno Pittorico realizzata a Torre Pellice, dove gli artisti venivano invitati per dipingere uno scorcio della Val Pellice. L’opera realizzata da Ruggeri, Figura nel paesaggio, è conservata nella collezione civica d’arte del Comune di Torre Pellice accanto ai nomi della scena artistica piemontese come Griffa, Scroppo, Galvano, Menzio, Paulucci, Casorati, Gribaudo, Gastini, Gallizio, ecc..
Il legame tra Piero Ruggeri e la città di Vigone è di lunga data, perché fin dagli anni Settanta molte sue prestigiose opere hanno arricchito le pareti di diverse abitazioni dei collezionisti locali che sempre ne hanno apprezzato l’arte. Nel dicembre del 2001 accolse l’invito degli Amici della Biblioteca Luisia per una importante mostra allestita proprio nei locali di questa storica biblioteca, situata in via Umberto I n. 7 a Vigone. In quella occasione realizzò appositamente per i componenti della citata associazione l’acquaforte Fournâs, su due matrici di zinco, tirata in 110 esemplari dallo stampatore Franco Masoero in Torino. Ruggeri rimase entusiasta del luogo, dell’accoglienza ricevuta e dell’affetto della gente. Tanto che, visitando l’ex chiesa del Gesù che è antistante la Biblioteca di Vigone, espresse il desiderio di realizzare in quegli spazi molto più ampi una sua retrospettiva con tele e lavori di grandi dimensioni che molto volentieri avrebbe messo a disposizione.
A corredo della mostra vi sarà un catalogo a colori di 72 pagine con scritti di Maurizia Allisio e Fabio Cerato, Francesco Poli, Luca Motto, Tonino Rivolo.
PIERO RUGGERI
Un maestro dell’Informale
13 luglio – 22 settembre 2024
a cura di Francesco Poli e Luca Motto
VIGONE
13 luglio – 8 settembre 2024
INAUGURAZIONE sabato 13 luglio ore 17:00
Ex Chiesa del Gesù
Piazza M. Baretta
Apertura
sabato 15:00 – 18:00
domenica 10:30 – 12:30 15:00 – 18:00
su prenotazione gli altri giorni della settimana
La mostra rimarrà chiusa il weekend
del 10 e 11 agosto e del 17 e 18 agosto
Info
011 9804269
segreteria@comune.vigone.to.it
TORRE PELLICE
27 luglio – 22 settembre 2024
INAUGURAZIONE sabato 27 luglio ore 17:00
Civica Galleria Scroppo
via Roberto D’Azeglio, 10
Apertura
martedì e mercoledì 15:30 – 18:30
venerdì e sabato 10:30 – 12:30
domenica 16:00 – 19:00
Info
0121 932530
galleriascroppo@comunetorrepellice.it
Piero Ruggeri è nato a Torino il 27 aprile 1930.
Compie il suo esordio espositivo nel 1953 alla 4a Mostra d’arte contemporanera, rassegna annuale di Torre Pellice, dove sarà presenza costante fino al 1969.
Diplomatosi nel 1956 all’Accademia Albertina di Belle Arti, nello stesso anno viene invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1955, 1957 e 1959, partecipa, nella città natale, a tre edizioni di Francia-Italia, mostra collettiva di grande rilievo e interesse e, sempre nel 1955, è presente alla collettiva, allestita da Luigi Carluccio alla Galleria La Bussola, Niente di nuovo sotto il sole. L’opera di Ruggeri, che da subito assume un respiro internazionale, ben presto s’inoltra, pur all’insegna di un linguaggio e di motivi peculiari, nell’Informale, collocandosi nel cuore più autentico della esperienza italiana, imperniata sulle attività dei gruppi di pittori attivi a Bologna, Milano, Torino.
Sul finire del decennio, Ruggeri assimila le nuove emergenze dell’espressionismo astratto, in opere (L’uomo dal braccio d’oro e Il dottor Carrion) in cui è agevole individuare l’apertura a riferimenti europei (Soutine, De Staël, Bacon, Wols, Dubuffet, Appel, Jorn) e americani (De Kooning, Kline, Gorky, Guston). Del resto, Ruggeri è pittore “colto”, non solo per sensibilità vigile e continuo filtro del dibattito e delle esperienze contemporanee, ma anche per rivisitazione critica, scavo e dialogo, ininterrotti fino a oggi, con la lingua della tradizione pittorica emblematicamente testimoniati dai tanti suoi dipinti che recano, nei titoli, un esplicito riferimento a Tintoretto, Caravaggio, Rembrandt, Mattia Preti, Goya, Monet, e da subito evidenziati nelle significative presentazioni di opere quali Il martirio di San Matteo, al Premio Guggenheim di New York nel 1960, e lo Studio da Rembrandt. Sempre nel 1960 tiene la mostra personale d’esordio alla Galleria Odyssia di Roma. Da queste riflessioni, dalla constatazione di una sorta di “disfacimento dell’informale” e da un’esigenza di semplificazione sintattica, nascono i “dipinti lavati”, eseguiti dal 1958 al 1962, esposti alla Biennale di Venezia dello stesso anno, presentati in catalogo da Guido Ballo: i grumi e gli spessori della materia pittorica si sono stemperati e sciolti, lasciando il campo al libero, elegante svolgimento del segno e del gesto, in opere di grande formato come La porta, La domanda impossibile, I guardiani della regola. È in questa fase cruciale d’indagine che Ruggeri è tra i protagonisti della Biennale di San Paolo del Brasile nel 1961 e nel 1963; sempre nel 1963 è presente alla prima grande “sistemazione” dell’Informale in Italia, condotta da Maurizio Calvesi in occasione del VII Premio Modigliani a Livorno.
La superficie pittorica dei dipinti realizzati negli anni immediatamente seguenti alla Biennale di Venezia del 1962 mantiene la sua semplicità strutturale e segnica, ma non materica: alla tela, pressoché nuda, dei “dipinti lavati”, fanno seguito stesure sature di oli e smalti, spesso in addensamenti figurali (Grande paesaggio rosso, o Cuore, 1965), con il ritorno dei riferimenti alla natura morta e al paesaggio. Il periodo tra la seconda metà degli anni Sessanta e i primi anni Settanta è ricco di nuove esplorazioni: Ruggeri sperimenta varie direzioni del suo percorso di ricerca, sempre in relazione con alcune delle esperienze che più lo interessano (pensiamo alla rinnovata attenzione per la pittura di Gorky) ma il rapporto con la natura, quella in cui vive immerso quotidianamente nella sua casa di Battagliotti (nella provincia torinese), dove è andato stabilmente a vivere nel 1971, ai margini di un bosco, lontano da ogni frenesia e clamore, resta saldissimo. È proprio nello scandaglio delle forme, evocate dalla memoria dello sguardo, di “momenti” di natura, i quali tuttavia sempre trascendono l’immediato naturalismo, che va ricercata l’autentica, peculiare, duratura caratteristica della pittura di Ruggeri. Emblematica è, da questo punto di vista, l’inclusione dell’artista nella mostra collettiva Arte come opera, allestita nel 1972 alla Galleria di Villa Recco a Levanto, (La Spezia), in opposizione alla poetica comportamentista presentata dalla Biennale di Venezia di quell’anno. Alla processualità instabile Ruggeri oppone il “groviglio psichico, esistenziale”, “la compattezza di un muro e l’articolazione di un labirinto” che Tassi individuerà, di lì a poco, nella bellissima serie dei Roveti – ciclo per il quale Roberto Tassi amava ricordare una frase di Franz Kafka, tratta da Confessioni e ricordi: “il roveto è, da tempo immemorabile, l’ostacolo che ci sbarra la via. Bisogna che vada in fiamme se vuoi proseguire”. Nei Roveti e nelle tele successive, la pasta pittorica si va strutturando in maniera complessa, dando vita a un sistema di segni e linee che si ripetono, si sovrappongono, s’intersecano in ritmi che alternano iterazioni a variazioni.
Dopo quindici anni di intensa attività, viene il tempo, per Ruggeri, dei primi consuntivi, tra i quali vanno segnalati, nel 1970, l’esplorazione del fondamentale biennio 1960-62, alla Galleria La Bussola e, nel 1974, la mostra antologica alla Galleria Steccata di Parma, accompagnata da un volume con un testo di Tassi. Le scelte di Ruggeri emergono nitidamente nella Biennale di Venezia del 1978, dove l’artista è invitato da Luigi Carluccio a testimoniare della sua sofferta dialettica in Dalla natura all’arte, dall’arte alla natura: un’idea “altra” di natura, un modo lacerante, totalmente vissuto, di confrontarsi con la fenomenologia del paesaggio contrappongono Ruggeri alle tendenze concettuali presenti nella stessa edizione della Biennale. Nel 1982 Ruggeri è tra i protagonisti della mostra L’opera dipinta, 1960-1980 allestita a Parma e a Milano da Carlo A. Quintavalle. E quando Renato Barilli e Franco Solmi compiono, nel 1983, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, un primo riepilogo de L’informale in Italia, la pittura di Ruggeri si staglia nitidamente come una presenza di assoluto rilievo in quella esperienza europea e italiana – opere come Omaggio a Charlie Parker e Gli amanti di notte (1957), ivi esposte, ne evidenziano l’originale, coltissima personalità di pittore che lavora per cicli, ritorni e rivisitazioni, all’insegna di nuovi approdi di ricerca. La libertà d’indagine, che mai si lascia irretire dalla tentazione di allinearsi alle tendenze prevalenti o di accettare compromessi, è ben espressa negli splendidi cicli successivi: dalle Figure nel paesaggio alle Tate nel bosco, continuamente contese tra idillio naturale e violenza espressiva e gestuale, esposte nel 1983 alla Bottega d’Arte di Acqui Terme (Alessandria) e alla Galleria Documenta di Torino.
Le grandi campiture e ciò che resta dell’idea di “quinta” e di figura-gonfalone-aquilone, tipiche delle Figure nel paesaggio del primo quinquennio degli anni Ottanta, invadono l’intera superficie pittorica: Ruggeri dà vita, dal 1985 in poi, a monocromi la cui superficie ci appare quieta, senza perturbazioni immediatamente coglibili, ma che invece presto si rivela una pellicola di estrema sensibilità febbrile, tattile, gestuale e tonale, percorsa da sotterranei, interni movimenti. Si affermano i suoi colori “emblematici”, nei quali Ruggeri continuerà, fino ad oggi, a scavare: rossi di vibrante intensità, e neri di tenebra, percorsi da accensioni e luminiscenze, da aurore boreali; bruni e ocra, e bianchi accecanti. L’attività espositiva si infittisce: nel 1986 tiene una mostra a Palazzo Graneri a Torino, poi, in successione, esposizioni personali di opere recenti a Parma, Torino, Bologna, Acqui Terme, Milano, Busto Arsizio, e mostre antologiche alla Galleria Matasci di Tenero (Svizzera), nel 1990 – in occasione della quale viene pubblicato un primo volume monografico, con testi di Roberto Tassi, Marco Rosci e Francesco Tedeschi – e nel 1993 a Acqui Terme, ad Asti e a Mantova. Sue opere vengono accolte in mostre collettive di particolare importanza: Arte del paesaggio. Pittura in Italia dal Divisionismo all’Informale, nel 1991, alla Pinacoteca comunale della Loggetta Lombardesca di Ravenna; nello stesso anno, II miraggio della lirica. Arte astratta in Italia dopo il 1945, alla Kunsthalle di Stoccolma; nel 1993, Pittura e realtà al Palazzo dei Diamanti di Ferrara; nel 1997, Da Monet a Morandi. Paesaggi dello spirito, a Conegliano. Intanto, la ricerca di Ruggeri non si è arrestata: tra il 1992 e il 1993, la vibrante corazza dei monocromi si frantuma per rivelare nuove istanze gestuali, che corrispondono a una rarefazione della materia pittorica: oltre a un nuovo Omaggio a Rembrandt, il segno danzante dell’artista trova libera espressione sulle grandi tempere su carta, che costituiscono uno dei capitoli più felici della sua pittura negli ultimi quindici anni. Tra il 1997 e il 1998, il pendolo dell’esplorazione pittorica che Ruggeri va compiendo torna a volgersi verso opere sostanzialmente monocrome, che ancora una volta declinano il tema – costante in tutta la sua opera – della figura nel paesaggio.
È Enrico Crispolti, nella prima, grande monografia dedicata a Ruggeri, pubblicata a Torino nel 1997, con testi anche di Dario Trento e di Franco Fanelli, a rintracciare in queste opere un nuovo materismo, ancora più sontuoso e più tormentato da cifre, gestualità, improvvisi contrappunti tonali, trasparenze. Il Ruggeri più attuale, scrive Crispolti, agisce da sempre “umoralmente, visceralmente”, eppure, come sempre, “con un controllo intellettuale sempre vigile, che dunque incide sulle modalità stesse della sua espressività pittorica, insinuandovi conflittualmente, drammaticamente, un’istanza di costruzione di un discorso poetico […] per immagini totalmente di pittura, di pura pittura”. Negli ultimi dieci anni Ruggeri ha tenuto varie mostre personali – tra le altre, a Palazzo Bricherasio di Torino, 1998, al Palazzo Sarcinelli di Conegliano, 2000; alla Galleria Matasci di Tenero, e Casa del Mantegna, Mantova, 2004; al Piccolo Miglio in Castello di Brescia e alla Galerie Protée di Parigi, 2006; a Palazzo Magnani, Reggio Emilia, e Casa Felicita, Cavatore (AL), 2008. Nel 2001 collabora al progetto di promozione dell’arte contemporanea degli Amici della Biblioteca Luisia di Vigone esponendo in una personale e realizzando per l’occasione un’acquaforte.
Ha partecipato a numerose esposizioni collettive: Dal simbolismo all’informale, Acqui Terme, 2001; L’incanto della pittura, II Biennale internazionale delle Arti, Pechino 2005. Dal 1995, Ruggeri è membro dell’Accademia di San Luca.
Tra i tanti storici dell’arte e critici che si sono occupati del suo lavoro e che hanno, nel tempo, seguito la sua ricerca, vanno almeno citati: Luciano Pistoi, Guido Ballo, Paolo Fossati, Francesco Arcangeli, Roberto Tassi, Marco Valsecchi, Luigi Carluccio, Francesco Poli, Elena Pontiggia, Franco Fanelli, Marco Vallora, Francesco De Bartolomeis, Marco Rosci, Enrico Crispolti.
È deceduto ad Avigliana (TO) il 14 maggio 2009.